[E. Augusti] «Melody in the purest form. Creative transgressions. Strong visional colors, empty white spaces. Breathe. Mistery. Kind of magic (Cinzia Eramo)». Una guida all’ascolto che suona a dichiarazione d’identità. Kind of Magic è il passaporto del Cinzia Eramo Quintet, Gianni Lenoci (piano), Achille Succi (bass clarinet), Paolo Damiani (cello), Marcello Magliocchi (drums) e la voce di Cinzia Eramo.
Poliedrica e versatile, l’anima artistica della Eramo si esprime al meglio in un album che raccoglie suggestioni intramontabili e intercetta nuove intenzioni improvvisative. Non ci sono traumi, non ci sono forzature. Equilibrato e armonico, ha un carattere che squilla, inequivocabile, nelle distensioni vocali. Ma non solo. Vibra nelle scelte dinamiche, che esaltano l’interplay, naturale, coi compagni di viaggio. Registrato nel 2007, Kind of Magic è un laboratorio itinerante: rivisita luoghi cari e non dimentica di lasciare segni del suo passaggio. Confonde stile e passione in un mélange personale, elegante e misurato nell'audace plasticità delle improvvisazioni. E' un modo di intendere il jazz, che si fa "contemporaneo" e si racconta nel dettaglio, dalle selezioni di Abdullah Ibrahim, Horace Silver e Carla Bley, alle contaminazioni folk d’ispirazione nord europea, fino alle spinte afro. Appassionante.
Qbeta è la traduzione rock dei fratelli Cubeta. Peppe (voce e chitarra) e Salvo (batteria) sono siciliani, e dalla grande isola del Mediterraneo viene la loro band, d’ispirazione etno funky: Filippo “Fifuz” Alessi (percussioni), Stefano Ortisi (sax), Santi Romano (basso elettrico), Seby Forte (chitarra elettrica), Claudio Alfò (trombone), Salvo Di Stefano (tromba), Sebastiano Burgio (tastiere e piano). Questa “Milonga lenta” ha tutti i colori dell'agosto di un altro tempo, quello che si conta solo a sud. Dentro c’è l’aria assonnata dei pomeriggi d’estate, il canto delle cicale, l’andare trascinato e stanco, i panni bianchi, il vento caldo sulle gambe, il capogiro del sole delle tre. Una danza amara. Alluso e confuso, quello di Peppe è il canto di un amore da sogno, o di un sogno d’amore che arriva, a passo lento, e passa, leggero. Estratto da Ognittanto (Altipiani 2007)
[E. Augusti]
Come porto
Ho capito perché amo i porti. Un porto conosce la sazietà, la quiete, il ristoro dal moto della passione e dalle incertezze e paure della navigazione. Lancia una scotta, trova una bitta. Qualcuno raccoglie, qualcuno accoglie, dolce. Calma chi attracca, saluta chi salpa. Accende l'entusiasmo della partenza e materno ne scalda al petto la nostalgia. Il porto guarda, regola, accetta e, fermo e paziente, aspetta. A guadagnarsi un posto, si è salvi. E io mi rifugio.
Gallipoli, Il porto (2012)
Di qua dalla porta, la realtà. Di là dalla porta, il sogno. Ma nello spazio aperto, lì dove realtà e sogno si incontrano, nessun limite, nessun confine. Outdoor è quello spazio aperto. Accompagna il pensiero, dolcemente lo culla e lo spinge, alto, verso un cielo terso che inonda la mente. Cacciapaglia costruisce universi emozionali senza tempo, attraversati da un miraggio di suono, sostenuto dall’elettronica. Splende, puro. L’album è Quarto tempo (Universal Music, 2007).
Bruno Malasomma. La poesia, la voce straordinaria di Lucio Dalla e un volo silenzioso. "Le rondini" (Cambio, 1990) sulle immagini di Hou Hsiao-Hsien (2007), Le voyage du ballon rouge.
Aspettava. Si guardava intorno. Pensava. Sono felice. E confusa. Ecco. Felice e confusa. Confusa e felice, cantava Carmen. Sorride. Quando sei ad un passo, ad un passo dalla felicità, intendo, quasi non te ne rendi conto. Non la vedi. Non puoi vederla. Non la senti. Non puoi sentirla. Ed è un attimo. È esattamente quando dimentichi l’inabilità sensoriale della felicità che lei, mistica e generosa, ti piomba addosso. No. Forse non piomba. No. Non è che schiacci, invada e devasti. Pesante. No. La felicità non è questo. È qualcosa di molto, molto di più. Esplode. Ecco, forse è questo. La felicità esplode. Ti esplode dentro. Ed è una deflagrazione senza vittime, non un vetro rotto, non un grammo di terra smosso, non un soffio d’aria. Solo la meraviglia d’un colpo di fuoco, che esplode all’improvviso, lì, dentro, e l’anima gli fa da prisma. Si scompone. Ed è una miriade di colori. Ed è una vertigine che t’appartiene per quello sconsideratamente lungo quarto di secondo della vita. Si moltiplica all’infinito, e ti parla di un sorriso che non conoscevi e che, ora, ti pare impossibile da sganciare dal tuo volto. D’altronde, perché farlo. Ecco. Felice. E confusa. La confusione non l’avversa, la felicità, ma la vive, in quello stato comune di magica ed ebbra euforia. Felicità. Confusa felicità.
E.A.
La stagione del cannibale (Homesleep, 2007) è l’album d’esordio da cui è tratto “I ritorni”. Loro sono gli Amor Fou. Alessandro Raina, Leziero Rescigno, Giuliano Dottori e Paolo Perego. Le ragioni di un ritorno. La caducità di una scelta imposta dalla ragione. Perché essere padroni di se stessi calma, ma non sazia. La suggestività di un’elettronica che sorvola, cala e divora tutto lo spazio che resta.
Ovunque crepitino le rarità
ovunque cessino i meriti
ovunque cada la scelta di fermarti qui
qualunque sia la novità
ovunque crepitino le verità
ovunque cessino i debiti
ovunque cada la scelta di fermarti qui
qualunque sia la novità
essere padroni di se stessi
calma questo tempo dei gesti
essere padroni di se stessi
celebra i ritorni ma non sazia
ovunque crepitino le rarità
ovunque cessino i meriti
ovunque cada la scelta di fermarti qui
qualunque sia la novità
essere padroni di se stessi
calma questo tempo dei gesti
essere padroni di se stessi
celebra i ritorni ma non sazia
c'è una regola che si complica
se anche questo viaggio partecipi
sola
essere padroni di se stessi
calma questo tempo dei gesti
essere padroni di se stessi
celebra i ritorni ma non sazia
Un classico ellingtoniano. Intramontabile dolce sofisticatezza. Reinterpretato dalla sinuosa voce di Aga Zaryan. Pensiero lento, in duo acustico. Estratto dall’album Picking up the pieces (Universe, 2007).