[E. Augusti] Dietro la porta, The Piano Room. Un progetto di una spazialità clandestina, dove la gradevolezza delle linee melodiche e l’eleganza delle architetture armoniche spingono oltre i muri e regalano il volo. Intuizioni progressive, mollezze classiche e trasgressioni jazz in un mélange raffinato e misterioso. Francesco Gazzara (piano, mellotron, organo, moog, chitarre), Luca Fogagnolo (contrabbasso) e Giuliano Ferrari (batteria). “Breath feel” è la title-track dell’album uscito nel 2010 per la Irma Records. Dieci tracce e un cinema di luci e ombre. Coerenti e perfettamente incastonati gli intrecci vocali della soprano Saffron Jones e del tenore Gianluca Paganelli. Da scoprire e gustare dal vivo.
[E. Augusti] Dagli accenni stride al bebop più coinvolgente e raffinato, dagli inaspettati percorsi nostalgicamente blues all’intimismo di un tema spiritual. Un cofanetto di stile, realizzato dall’Andrea Beneventano Trio. Andrea Beneventano al pianoforte, Francesco Puglisi al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria. Uscito nel 2010 per Alfa Music, l’album ha indosso tutta la leggerezza e la ricercatezza del jazz d’autore firmato Beneventano. Limpidezza di fraseggio, profondo e ampio, feeling debordante e un conciliante interplay. La registrazione è gradevolissima, un equilibrio dinamico quasi perfetto. The Driver. Il conducente, o il conduttore. Condurre, verso o lasciarsi condurre, attraverso. Un’emozione che si raccoglie, a meta, o che passa attraverso. E scorre, pacificante, dalle sofisticate e soffuse atmosfere night di "Cool River", dov’è Puglisi a presentare le preziosità del tema, alle istantanee in block chords di "Midget Steps", dove emerge tutto il protagonismo pianistico di Beneventano. "The Driver" viaggia ad un’altra velocità: è divertente e spensierato, irriverente nei fraseggi e dialetticamente curato negli splendidi giochi di mano di Beneventano. Da gustare l’assolo di Angelucci. È poi la volta dello standard, dalle sensuali rilassatezze di "When Sunny Gets Blue" al pigro sentimentalismo di "If I Should Lose You", passando per i singhiozzi ritmici di "Passing Season", e forse non è un caso. "I got your rhythm" e "Donna Quee" spezzano il filo, ritardando la conclusione che arriva con "My Gospel", e il suo intimismo con gli occhi rivolti al cielo.
«Quando il mondo è in controluce | e ti senti un negativo | modula l’esposizione | non cambiare l’obiettivo». Classe 1980, barese. Lei è Valeria Vaglio. Questo “Stato innaturale” è la title track dell’album uscito per la Sony Music tre anni fa. Ed è proprio nel 2008 che la Vaglio ha rotto il silenzio, con la proposta “Ore ed ore” al Festival di Sanremo. È del 2010 il suo secondo lavoro, Uscita di insicurezza, che raccoglie sette brani da cantautrice. Conquistano per l’attenzione al testo, sempre sincero e partecipato.
Paco Roman (chitarra e voce), Fernando Lillo (piano), Raúl Frutos (batteria e banjo) e il loro progetto, Neuman. «I have no guilt | I will be an astronaut». Estratto dall’album Plastic Heaven (2010), “I have the will” ha tutti i colori dell’infanzia. Libero da ogni intralcio artificioso, è l’impalcatura ideale e leggera di un sogno di bimbo, un sogno di cartone, adagiato morbido su una nuvola di carillon. Semplice nella tessitura e nel motivo, si lascia prendere per mano al primo ascolto. A completare il racconto, le immagini dirette da Manuel Garcia De Otazo.
Il solco di un ostinato, e la dispersione della materia in volo. Il tema circola, levigatissimo, disteso sul ternario. Dolce nella sua rassicurante presenza. Il pianoforte e il pensiero di Nils Frahm.
Florence, e la macchina del suono, The Machine, ad accompagnarla. Robert Ackroyd alla chitarra, Tom Monger all’arpa. Un’armonia fitta, una trama che raccoglie e rimbalza il grido di un amore cosmico. “Cosmic Love” 2010, live per Kepx.
Di origini nigeriano-americane, Iyeoka Ivie Okoawo scrive. Poetessa e cantautrice, oltre che attivista impegnata, raccoglie la sua sensibilità in album dall’intensità totalizzante. Come questo Say Yes (Underground Sun, 2010), nove tracce e due poesie. You said you love me | But you won’t come down | So I'm leaving tomorrow. Leggera e piacevole, come una brezza estiva.
You said you love me
But you won’t come down
So I'm leaving tomorrow
I'm a traveler making my way around the world
Airplanes and automobiles carry me away
I got my whole life ahead of me, but
I want to make you my priority
I got my eyes on you
I could be ready to settle down real soon
Oh love!
I see you up in the air, Love!
I know how much you care, Love!
But if you stay up there for too long
I know I will be gone
You said you love me
But you won’t come down
So I'm leaving tomorrow
And when the long road is calling me
Like a smile that comes with a summer breeze
I know somewhere down here
There's a place for you and me
Oh love!
I see you next to the moon, Love!
I know how much you care, Love!
But if you stay up there for too long
I know I will be gone
But if you
Say Yes! to following your heart
Yes! To keeping me on
Your mind and in your arms tonight
Where I can celebrate
The day that you will ask for me to stay
Nuove esperienze sul vuoto (Mescal, 2010) è l’album da cui è estratto “Il nido”. Il nido è quello spazio privato, fatto di emozioni rare e lente che vivono lontano dal disturbo, dagli artifici, dalle corruzioni della corsa del mondo e conoscono, invece, il senso più autentico della vita. Accanto allo sguardo distratto del tempo che scorre veloce, l’amore vive il suo tempo lento. «Se il tuo abbraccio è una prigione, spero di essere condannato. Ai tuoi capelli essere legato. Dalle tue labbra pende il mio significato». E non potevano raccontarlo meglio le parole in musica di Lele Battista; non potevano descriverlo meglio le immagini di Lorenzo Vignolo.
I Foals sono inglesi. Cinque ragazzi e un progetto che non teme e osa. Taglienti e coinvolgenti, anche in una proposta complessa come questa di “Spanish Sahara”, estratta dal loro secondo album Total Life Forever (2010). Yannis Philippakis (voce), Jimmy Smith (chitarra) Walter Gervers (basso), Edwin Congreave (tastier) e Jack Bevan (batteria).
Leave the horror here
Forget the horror here
Forget the horror here
Leave it all down here
It's future rust and it's future dust
Forget the horror here
forget the horror here
Leave it all down here
It's future rust and it's future dust
Non sempre. Magari a volte. Ma quando accade, accade che arriva improvvisa e passa lenta. Norma Winstone e la sua voce leggera e ferma, appena sussurrata, a raccogliere un accenno di melodia. Sogna, e la accarezza soffice il piano complice di Glauco Venier, mentre dalla seconda linea borbotta saggio il clarinetto basso di Klaus Gesinger. Una perla. Estratto da Stories Yet To Tell (ECM Records 2010).