Roma brucia, ovvero «il primo Festival delle band romane che spaccano». Il palcoscenico è quello di Supersanto’s, Roma, San Lorenzo. È il 14 luglio, sono appena passate le 23 e sul palco grande arrivano loro, I Mostri. Pietro DD (voce e chitarra), Matteo G (chitarra), Mattia C (basso) e Lucio C (batteria) presentano il loro primo album, La gente muore di fame (Goodfellas, 2012). Adrenalinico, ruspante, avvelenato. Un velo di malinconia e Roma, come la vita, diventa un racconto di quartiere, caldo e appassionato, da condividere. Meglio non si potrebbe che in una sera d’estate. Il suono de I Mostri ti prende alle gambe e ti scuote. Un’eruzione ritmica incandescente, arrangiamenti che agganciano e refrain che ti restano in testa per giorni. Questa è “Scusa se”, loro sono I Mostri e noi ne sentiremo parlare ancora, tanto, e presto.
"Indepentent lights" e' un brano di grande impatto e intensita' sonora. Mentre tutto "dorme sotto la polvere", una sola citta' e' rimasta continuamente illuminata a giorno. Una citta' "Independent", un faro in un mare di oscurità ad indicare la via. Ognuno di noi deve seguire il cammino verso le "Independent lights". Forse non c'è nemmeno bisogno di andare troppo lontano, a volte basta prendere coraggio e guardarsi dentro.
E' così che gli All About Kane, formazione tutta italiana, di Biella per la precisione, presentano il loro singolo "Independent Lights", estratto dall'album "Citizen Pop" di prossima uscita il 15 giugno. Mette di buon umore e carica.
Quella luce che cerchiamo altrove è già dentro di noi e non chiede altro che esplodere in un sorriso e illuminare tutto ciò che ci circonda. Senza costrizioni. Raccontando solo il bello di sé, di un viaggio ad altissima velocità.
Siamo vissuti insieme...
dividendo il sorriso e il soffio della brezza
il nostro amore era al di là del tempo
una rosa madida di rugiada
Ci siamo uniti all’esplodere dell’universo
In una rocca assediata da nemici
Bevemmo l’inferno e il paradiso...
... nel vibrare delle corde dei violini gitani
Abū l-Faraj al-Iṣfahānī
Stacy King e il suo nuovo progetto, Sucré. Con lei Darren King e Jeremy Larson. L’album di debutto è A Minor Bird, disponibile dallo scorso 10 aprile. «This record is very close to my heart – scrive Stacy – , and I really tried to push myself musically and vocally. It's amazing how much you learn about yourself by making a record... In the next couple of months I'll be uploading pictures, sneak peeks and videos. Who knows, I may even give away a song or two» [http://sucrediaries.blogspot.it]. Impronta intimistica e una voce soffiata che dilata lo spazio e libera.
Il 20 aprile 2012, h. 20.00, presso la libreria FELTRINELLI POINT di Lecce, Stefano Zenni ha presentato la sua Storia del Jazz. Una prospettiva globale, (Stampa Alternativa - Nuovi Equilibri, 2012), «la più ricca e completa storia del jazz mai pubblicata in italiano». Un’indagine globale e profonda, che raccoglie in una prospettiva originale le complesse relazioni culturali e artistiche dell’espansione musicale afroamericana tra XVI e XXI secolo, e inaugura un nuovo paradigma narrativo, usando innovativamente rimandi ad ascolti, diagrammi, illustrazioni e mappe che esaltano il taglio geografico del racconto. Un’indispensabile integrazione al precedente e pluripremiato volume dello stesso autore, I segreti del jazz (2007), tra i più apprezzati successi editoriali del settore. Accanto all'autore, Eliana Augusti (Università del Salento), Gianpaolo Chiriacò (Università del Salento), Luigi Bubbico (Conservatorio "T. Schipa" di Lecce) e, in collegamento telefonico da Roma, Gianfranco Salvatore (Università del Salento).
Stefano Zenni (Chieti, 1962), tra i maggiori musicologi di jazz in Europa, è presidente della SidMA (Società Italiana di Musicologia Afroamericana), vicedirettore del Center for Black Music Research/Europe, direttore della rivista di studi Ring Shout ed editor della sezione Jazz del Giornale della Musica. Insegna Storia del Jazz e delle Musiche Afroamericane presso i conservatori di Bologna, Pescara, Pesaro, e Analisi delle Forme presso Siena Jazz. Oltre a dirigere i seminari di Chieti in Jazz, è dal 1998 direttore artistico della rassegna Metastasio Jazz a Prato. Candidato ai Grammy Awards per le migliori note di copertina, collabora con Rai Radio 3. Ha scritto e curato libri su Miles Davis, Louis Armstrong, Herbie Hancock, Charles Mingus (gli ultimi tre pubblicati nella collana “Jazz People” di Stampa Alternativa).
[E. Augusti] Alessandro Tedesco e Low Frequency Quartet. Argonauta (Itinera 2011) è un progetto fluido, che dice molto del temperamento di Tedesco e dei suoi. Scende in acqua, liscio, e prende lento il largo. Eclettico e misurato. Tutto è razionalmente spontaneo. Ispirazione partenopea, deviazioni grunge, declinazioni jazz/funk e una naturale tendenza all’elettronica d’effetto. È un viaggio carico di suggestioni, intorno al suono. È un’attenzione meticolosa alla costruzione dei paesaggi sonori, alle voci e non delude l’accostamento dei titoli. “Lo scivolo”, “Ostinato sud”, “Gatte su Marte” sono dei quadri futuristi, lucidi e scanzonati. Il trombone di Tedesco fa le moine e strascica, maliziosamente blues. Ne alleggerisce le intenzioni la chitarra di Francesca e la tavolozza degli effetti noise. “A Sharp” è un po’ l’ombelico dell’intero lavoro dove le diverse personalità dei quattro convergono, in un godibilissimo cocktail funk. Costanzo quadra e bilancia, discreto. Costagliola resta pensiero pulsante. “Ramblin’” è quasi una dichiarazione di afferenza a un Coleman elettrico. “Nonna Mary” è l’intimità che non ti aspetti, un’oscillazione modale che raccoglie le distonie del ricordo. Smorza “Room 476”, irriverente e giocoso. Un ascolto disinvolto, accattivante e piacevole.
Alessandro TEDESCO: trombone, elettronica, effetti
Giovanni FRANCESCA: chitarra elettrica, elettronica
Davide COSTAGLIOLA: basso elettrico, elettronica
Stefano COSTANZO: batteria
Salut[a] da Saturno. E lo stile con cui lo fa è familiarmente lo stesso. Mirco Mariani firma testo e musica di questo “La bocca tua”, estratto da Valdazze (Godfellas, 2012), ultimo lavoro di Saluti da Saturno. Un’oscillazione morbida tra umori maggiori e minori. Dolce e semplice rappresentazione di un amore dedicato.
Mirco Mariani: ondioline, vibraphonette, voce
Giancarlo Bianchetti: chitarra classica
Katie Bruni: violoncello
Gianfranco Grisi: cristallarmonio
La tua bocca è sulla mia
racconta l’indicibile
che consola più che mai
fa camminare
senza mai chiuder la porta
e poi volare sempre
ma mai guardare giù
e poi gridare
sempre a voce alta
come sirene
disperse in mar
voce che
condanna imprescindibile
che rende più invincibile
il bacio tuo
lucida
la pelle tua riflette ormai
la vita mia trascorsa sai
tra le braccia tue
semplicemente unica
la tua parola è sulla mia
sembra uscita da una lacrima
a salvar la vita mia
e addormentarsi
senza mai chiuder la porta
e poi volare sempre
ma mai guardare giù
e poi gridare
sempre a voce alta
come sirene
disperse in mar
voce che
condanna imprescindibile
che rende più invincibile
il bacio tuo
lucida
la pelle tua riflette ormai
la vita mia trascorsa sai
tra le braccia tue
[M. Capozzi] A Milano sembra si sia fermato il tempo. Poca gente per strada. Sono le 21, è venerdì. Dovrebbe aver avuto inizio l’atteso weekend e invece nel quartiere Isola – uno dei quartieri della movida culturale meneghina, per intenderci – c’è solo ghiaccio. E neve. E freddo. Silenzio. Percorrendo a piedi via Borsieri, tuttavia, si fa eco un suono di bacchette. Progredisce in eco, acrobatico. Un drumming circense, ora sempre più insistente, sempre più vicino, sempre più deciso.
Tende di velluto bluette. Atmosfera soffusa in bianco e nero, con le gigantografie dei più grandi: spicca fra tutte quella di Davis con le sue lenti scure. Saletta intima, attenta, di amatori. Faretti puntati al centro del palco. Protagonista indiscusso della scena è lui, Billy Cobham. Volto plastico, bandana–rambo, jeans rossi. È preciso, veloce, colorato. I suoi ritmi sono giallo oro, quello del mare di Panama, e rosso acceso, dei cuori afroamericani. Intorno è il blu oltremare dell’estate ai Tropici. Fa subito contrasto col freddo di Milano. Al Blue Note, stasera, vive un’altra stagione. La Billy Cobham Band riscalda, con grinta, ispirando un viaggio che rimbalza tra i grattacieli fumosi di New York. Si sperimentano fraseggi che ricordano i sofismi stilistici di Herbie Hancock e l’eleganza scura di George Benson. Colpo di polso, e si toccano i voli caraibici, suon di maracas e oasi arabe negli arpeggi legatissimi di un violino che cavalca verso il Midwest. L’hammond sovrasta il resto e un po’ distorce. Le chitarre sono possenti, ed è sapiente l'incastro tra jazz, elettronica e rock. E poi c’è il pubblico, che accompagna con divertito entusiasmo la musica, forse con un po’ di nostalgia per la dance anni Settanta e Ottanta.
[E. Augusti] Si vocifera che mostri innamorati abbiano deciso di attaccare Milano. Innamorati o no, di mostri non se ne vedono, e se Milano è in pericolo noi non ce ne siamo accorti. 4 febbraio. Sono da poco passate le 19, e l’aria che si respira qui agli East End Studios di via Mecenate, cuore mediatico di una Milano magicamente imbiancata e irrigidita da un freddo quasi siberiano, è quello della vigilia di un'epifania. Mancano le lucine, ma l’aria è quella della festa.
Rockit fa da madrina a un festival invernale che, forse con un briciolo di presunzione, gioca d’anticipo e ribalta in vetrina formazioni più o meno sconosciute, ingorde d’attenzione. Latita l’organizzazione, costretta all'ultimo minuto. E se sul palco della Casetta di Jack, Area 5, i ragazzi danno il la alla rassegna e infuocano l’atmosfera, il Palco Pertini si prepara alla festa dei “grandi”. Mentre scalda il sound-check, la creatività si fa colore, stoffe, materiali di recupero e anima l’area expo-market, cuore pulsante dell’intera manifestazione: aggrega, fa allegria, solletica la fantasia e sazia di calore. L’affluenza va a rilento. Lo spazio diffuso degli Studios non è evidentemente la location ideale per casse aperte, eccitazione vocale e elettricità acerba di chitarre distorte. La qualità dell’ascolto ne soffre e, di conseguenza, la fruibilità delle proposte. Sarà un po' diverso quando si saranno guadagnati i pieni. Si lasciano intuire bene, intanto, l’energia contagiosa dei Foxhound (foto), la cantabilità performante dei News For Lulu (in ascolto) e le distorsioni soffocanti degli Aucan. Entusiasmo di default, e l’appuntamento è rinnovato al prossimo anno.