[M. Centonze] 14 dicembre 2012. In una sera invernale fredda come l’indifferenza, prestando attenzione a folate di vento poco amichevoli e districandosi nel traffico caotico degli acquisti natalizi, ci si imbatte in un incontro musicale insolito e originale. Siamo a Guagnano, in provincia di Lecce, e il Circolo ARCI-Rubik, sempre attento alla scena musicale emergente, nazionale e non, ospita Alessandro Grazian. Cantautore padovano, classe 1977.
A quasi quattro anni dall’uscita di Indossai (Trovarobato 2008), Grazian presenta il suo ultimo lavoro. Armi (Ghost Records 2012) è un album nuovo, l’approdo verso sonorità energizzate e vibranti dove i testi, profondamente ancorati alle linee cazzute e sfrontate delle chitarre, si fermano lì, a metà strada, quasi sospesi tra l’aorta e l’intenzione.
Favoriti da un’atmosfera intima e confidenziale in cui si respira a pieni polmoni l’aria della buona musica, ma anche galvanizzante e che riflette appieno la natura della performance, chiacchieriamo un po’, e Grazian ci racconta come ha voluto impostare “Armi tour”: live più elettrici, fuori i fiati e una batteria sintonizzata sui timbri forti, anche nel ripensamento del repertorio. Gli chiediamo come sta andando il tour e del suo disco, introspettivo e inevitabilmente arricchito dall'esperienza artistica a tutto tondo maturata negli ultimi anni. Sensazioni positive, e un riscontro del pubblico vero, meglio disposto e incuriosito dalla musica "alternativa". La gente avverte la crisi, certo, ma l'entusiasmo, per fortuna, resta.
Quando arriva “Armi” è un’esplosione, un grido. «Diamoci un’altra chance | puntiamo ad est | usciamo da questo cast perché | Perché di armi ne ho». Rivendicare se stessi, sempre, magari anche alzando la voce, se serve. Con Grazian, la sua formazione, Davide Ferrario ai synth e Alessio Russo alla batteria.
Quando tutto finisce, il vento si è placato, ma brilla intorno ed esulta ancora l’aria della buona musica.
[ph. L. Manca]