[Lecce] Suggestiva serata, ieri, alla Fondazione Palmieri. Roberto Ottaviano ha presentato il suo nuovo lavoro, "Astrolabio", per Dodicilune Edizioni Discografiche e Musicali. Un gruppo d’eccezione per un progetto che combina al meglio esperienza e ricerca: accanto al sax di Ottaviano, le voci straordinarie e caratterizzate del clarinetto di Gianluigi Trovesi, del trombone di Glenn Ferris e della tuba di Michel Godard. Profondità, circolarità esplorativa, reminiscenze klezmer, e tutta la bellezza dell’incontro, del dialogo estemporaneo, della visione condivisa. Un viaggio senza meta, al buio, con pochi strumenti tra le mani, preziosissimi. Una preghiera, una contemplazione da vivere ad occhi chiusi per goderne a pieno tutte le suggestioni [clicca qui per il livediary]
[E. Augusti] Lecce, 5 aprile 2013, e il Teatro Politeama Greco sposa l’incontro con la tradizione partenopea. Renzo Arbore e L’Orchestra Italiana regalano una serata spumeggiante. Grande l’entusiasmo e la partecipazione. Arbore accoglie le nostalgie del pubblico leccese e regala la magia della dolce Napoli. Non c'è mielosità stucchevole, ma l’esperienza del maestro che sa cosa valorizzare del suo racconto. Imprevedibile e goliardico, cattura tutti con la sua genuina ironia. È una teatralità coinvolgente che non risparmia nessuno, men che meno i suoi fidati compagni di viaggio. L’età non è un mistero, ma non si sente. E se si sente, ci giochiamo su. Arbore è un maestro nei panni del garzoncello swingante. Gli stanno a pennello. Neanche una grinza in quell’entusiasmo da giovinetto senza età. «Poche note, ma quelle giuste». Ed è al pianoforte che regala, in quella pioggia leggera dedicata a Modugno, il blues più intimo. Scorre alle spalle dell'Orchestra un cinema di ricordi. È uno show nel senso più nobile. Un attimo, e la dolce Napoli si fa verace. Murolo e Carosone la fanno da padrone. I musicisti dell’Orchestra sono tutti lì, protagonisti accanto ad Arbore che non perde anzi occasione per tirarli dentro al gioco e spingerli oltre la linea. La musica asseconda i caratteri di ciascuno. È cucita addosso alle loro personalissime suggestioni. E l’improvvisazione ci va a nozze, in uno scambio osmotico che fa spettacolo, a tutto tondo. Gustose le declinazioni fuori stile, dal reggae alle contaminazioni afro, senza risparmiare il parodico. È un girotondo, è un gioco di bimbi senza età. Mascheramenti, colpi di scena e il «coro di Lecce», un po’ timido in prima battuta, ingessato dal velluto delle poltrone in seconda, esce finalmente allo scoperto, totalmente dentro la scena a celebrare una "Luna rossa" che non tramonta. W l’Orchestra Italiana! W Arbore!